La Sentenza della Cassazione contro i Canapa Store, facciamo chiarezza
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La crociata del Governo contro la Cannabis light continua a sollevare polvere. È di pochissimi giorni fa una sentenza della Cassazione che ha fatto discutere esperti e appassionati per i suoi contenuti potenzialmente pericolosi nei confronti di una risorsa che sta contribuendo a creare posti di lavoro e a far girare l’economia. Il Governo sembra intenzionato ad alimentare i pregiudizi nei confronti di questa pianta utilissima, anziché contribuire a fare informazione in maniera corretta, per questo riteniamo opportuno fare un po’ di chiarezza.

Nel testo della sentenza viene proibita la vendita dei derivati della cannabis sativa – nello specifico olio, resina, infiorescenze e foglie – con effetto stupefacente.

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Eccone un estratto:

Integrano reato le condotte di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della ‘cannabis sativa L.’, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante.

La normativa ha già alzato un polverone, eppure, se analizzata nel dettaglio, non dovrebbe costituire un problema, ecco perché.

I prodotti venduti negli Hemp Store non sono droghe

C’è chi tende a fare confusione tra droga, cannabis a uso medico e cannabis light, che sono cose molto diverse tra loro. L’unica di nostro interesse è la terza, poiché è quella che viene venduta negli store.

Stabilire cosa è droga e cosa non lo è non è una questione di opinioni personali, esistono leggi per questo: la 309 del 1990, o Testo Unico sulla Droga, e quando si tratta di cannabis la 242 del 2016, che contiene le disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa. Per legge è stabilito che solo la cannabis con un valore di THC superiore allo 0,5% è da considerarsi stupefacente. Non si tratta di fare ipotesi, parlano i numeri. Per questo motivo, gli Hemp Store non sono davvero in pericolo, poiché, come già dicevamo in un’intervista rilasciata a Il Digitale, i prodotti in commercio nei negozi sono ben al di sotto di questo limite, con un valore massimo di THC dello 0,43%.

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Per quanto riguarda i derivati della pianta nominati sopra, alcuni di essi già non vengono commercializzati, in particolare le resine vengono buttate via dai coltivatori. Solo l’olio potrebbe costituire effettivamente un problema, poiché nel processo di estrazione non è possibile separare il THC dagli altri componenti, ed è il suo smaltimento che rappresenta una problematica a causa della mancanza di mezzi adeguati per farlo, per questo motivo le estrazioni in Italia sono vietate.

Il vero rischio è l’abuso di potere

In assenza di un decreto legge ufficiale, con comunicazione a negozianti e tabaccai, la situazione è fondamentalmente invariata.

Una volta fatta chiarezza sulla questione e stabilito che i prodotti venduti negli Hemp Store sono già privi di efficacia drogante, il vero rischio deriva dagli abusi di potere, come è successo un paio di settimane fa nelle Marche. L’unico vero rischio è che attività del tutto lecite vengano penalizzate a causa dei pregiudizi e della disinformazione.

Crediamo che l’industria canapiera in Italia vada protetta e non demonizzata, dati i benefici che ha portato all’economia e alla società. Una risorsa come la canapa, dalla comprovata utilità in ambito tessile, edilizio e tecnologico ha contribuito a creare posti di lavoro aumentando il PIL, oltre a ridurre del 14% i ricavati delle mafie invischiate nel commercio illegale di erba.

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Generare un ingiustificato clima da caccia alle streghe non potrà che causare danni a un settore in piena espansione di cui il paese sta già beneficiando, come si legge nel comunicato stampa di Federcanapa che riportiamo di seguito in maniera integrale.

Malgrado le dichiarazioni di moltissime testate giornalistiche, la soluzione delle sezioni unite penali della Corte di Cassazione non determina a nostro parere la chiusura generalizzata dei negozi che offrono prodotti a base di canapa. Il testo della soluzione dice infatti chiaramente che la cessione, vendita e in genere la commercializzazione al pubblico di questi prodotti è reato “salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”. Per tanto la Cassazione ha ritenuto che condotte di cessione di derivati di canapa industriale privi di efficacia drogante NON rientra nel reato di cui all’art. 73 del T.U. Stupefacenti.

E sul punto, da anni, la soglia di efficacia drogante del principio attivo THC è stata fissata nello 0,5% come da consolidata letteratura scientifica e dalla tossicologia forense.

Pertanto non può considerarsi reato vendere prodotti derivati delle coltivazioni di canapa industriale con livelli di Thc sotto quei limiti.

Ci auguriamo che anche le forze dell’ordine si attengano a questa netta distinzione tra canapa industriale e droga nella loro azione di controllo e che non si generi un clima da “caccia alle streghe” con irreparabili pregiudizi, patrimoniali e non, per le numerose aziende del settore.

Ogni ulteriore considerazione dovrà essere rimandata alla pubblicazione delle motivazioni della sentenza da cui potrà essere desunto l’impianto logico-giuridico seguito dalla Corte e che potrà fornire ulteriori spunti di riflessione.

Qui il Comunicato Stampa originale del 30.05.2019

Qui sotto l’intervento degli avvocati Lorenzo Simonetti e Claudio Miglio di Tutela Legale Stupefacenti da Canapa Mundi:

Oggi abbiamo trasmesso in diretta da Canapa Mundi Lite l'intervento degli avvocati Lorenzo Simonetti e Claudio Miglio di Tutela Legale Stupefacenti sulla sentenza della Cassazione sulla Cannnabis light. Qui il video!

Publiée par BeLeaf Magazine sur Samedi 1 juin 2019

2 Comments

  1. Malgrado le dichiarazioni di moltissime testate giornalistiche, la soluzione delle sezioni unite penali della Corte di Cassazione non determina a nostro parere la chiusura generalizzata dei negozi che offrono prodotti a base di canapa. Il testo della soluzione dice infatti chiaramente che la cessione, vendita e in genere la commercializzazione al pubblico di questi prodotti e reato “salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”. Per tanto la Cassazione ha ritenuto che condotte di cessione di derivati di canapa industriale privi di efficacia drogante NON rientra nel reato di cui all art. 73 del T.U. Stupefacenti.

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